L’educazione ed il rispetto per gli altri vanno insegnati fin da piccoli; occorre iniziare gradualmente con poche regole, ma chiare.

Non c’è un percorso preciso che indichi tassativamente quando occorre imporre delle regole ma è chiaro che stabilire dei “paletti” nei primi anni di età del vostro bambino evita o comunque minimizza la possibilità che il vostro pargoletto diventi un “piccolo tiranno capriccioso”.

Un bambino è capriccioso quando è indisciplinato, difficile da sopportare, non segue le regole, non collabora, non si applica, protesta su tutto, non è in grado di dare un senso a ciò che vuole, ha la pretesa di volere tutto e subito, non tollera avere dei rifiuti.
Questo carattere spesso deriva da un eccessivo permissivismo dei genitori, che proteggono molto il bambino impedendogli di avere frustrazioni; in qualche occasione, quando i genitori lavorano entrambi, sono la tata o i nonni a provvedere a qualsiasi richiesta del bambino ed a cedere a tutte le sue pretese, viziandolo.
Il motivo per cui certi genitori sono tanto permissivi con i figli dipende dalla scarsa propensione a stabilire regole chiare di disciplina col figlio; alcuni genitori non vogliono provocare reazioni negative, come il pianto.
Spesso la stessa madre, riprendendo il lavoro, quando torna a casa si sente in colpa per aver abbandonato per cosi tanto tempo il figlio e gli concede tutto pur di non contrariarlo.
A volte tuttavia non è solo il senso di colpa che porta al permissivismo; torniamo a casa stanchi e stressati dalla giornata e risulta più facile accontentare il nostro bimbo piuttosto che “sentire nelle nostre orecchie” le proteste, i “musi lunghi” ed i pianti.
Appare chiaro, quindi, che l’educazione non è a senso unico; non occorre limitarsi ad educare in senso discendente il bimbo che ci sta di fronte ma è soprattutto da un’“auto-educazione” che occorre cominciare; siamo anzitutto noi genitori che dobbiamo imparare l’importanza dell’educazione e come applicarla e non solo per avere un bimbo rispettoso ed ubbidiente in famiglia ma soprattutto per permettergli di “andare in giro per il mondo” dandogliene gli strumenti.
Esiste confusione tra prestare attenzione al bambino e viziarlo: in genere è bene occuparsi del bambino, ma può risultare negativo essere a sua disposizione per qualsiasi cosa o al momento sbagliato, per esempio quando deve imparare a giocare da solo o con altri coetanei, oppure dopo che si è comportato male; se sarete sempre a sua disposizione, non imparerà ad aspettare.
Se non si impostano delle regole in modo costruttivo, il bambino viziato avrà dei problemi: sarà poco accettato dagli altri coetanei, perché troppo egocentrico ed arrogante, sarà mal sopportato dagli insegnanti perché troppo insistente e poco docile.
Voi stessi come genitori avrete difficoltà a volergli bene proprio per il suo comportamento; alla lunga un bambino viziato diventerà infelice ed anche nelle situazioni scolastiche non raggiungerà gli obiettivi didattici perché non motivato, inoltre tenderà sempre più a rifiutarsi dall’affrontare i problemi della vita di tutti i giorni.
Sottolineata l’importanza delle regole, chiariamo ora quando e come queste vanno applicate; è chiaro che bisogna considerare l’età del vostro bambino.
Un bambino piccolo, lattante, ha capacità ridotte di comprensione e sopportazione della frustrazione; se fa i capricci per volere giocare con un oggetto pericoloso o delicato, lo si può aiutare a sopportare la proibizione, regalandogli un giocattolo.
In questa fase quindi non possiamo aspettarci che con il dialogo nostro figlio capisca il perché di un nostro divieto, occorre dirottare la sua attenzione verso altro.
Se il bambino è in età prescolare, il dialogo deve diventare la regola davanti ai comportamenti capricciosi: se però non intende ragioni, dovete applicare una punizione che abbia una conseguenza immediata, per esempio, farlo andare in camera sua o negargli il programma televisivo che desidera.
Se il ragazzo è intorno ai dieci, anni potrà bene intendere le vostre opinioni ed i vostri ordini, ma è importante che vengano supportati da buone motivazioni per essere accettati.
Lo sforzo genitoriale non è facile: anzitutto di fronte ai capricci di un bambino piccolo occorre una buona dose di empatia, capire quindi se il bambino piange per un motivo giustificato; se si lamenta per dolore, fame, paura, rispondete subito alla richiesta, se piange perché desidera qualcosa, potete decidere o meno di accontentarlo.
Quando invece fa capricci, ignoratelo; non insistete con frasi come: “smettila di piangere”, “sei un frignone”, coccolatelo di più se sta passando un momento di frustrazione maggiore per i vostri dinieghi, ma non dategliela vinta al momento dei capricci o dei pianti; spesso i bambini fanno capricci per ottenere la vostra attenzione, per farvi cedere, per cambiare le vostre decisioni, per riuscire a fare quello che vogliono, piangono per farvi cambiare idea.
Non cedete a questi ricatti: se vostro figlio grida, si butta per terra, sbatte le porte, lasciatelo sfogare, a patto che sia in un posto sicuro.
Ricordiamo di non cercare un rapporto alla pari con vostro figlio finché non è maturo: se ha due anni è inutile ed un dispendio vano di energie parlare di regole; il piccolo non ne comprende il significato, applicatele e basta.
A quattro/cinque anni potete cominciare a parlare di disciplina al bambino, però evitate di stabilire con lui le regole, perché gli manca il giudizio necessario.
Quanto più voi genitori vi dimostrate democratici nei primi anni, tanto più rischiate di viziare vostro figlio; in genere i piccoli non sanno gestire le regole, siete voi come genitori che dovete invece stabilirle e farle rispettare.
Un bambino deve imparare alcune regole di base:
– giocare da solo: il compito di un buon genitore è quello di miscelare momenti in cui gioca col proprio figlio a momenti in cui lo lascia giocare da solo, fornendogli però degli strumenti per impegnarlo, come giocattoli o libri; il bambino a sua volta ha il compito di utilizzarli bene per divertirsi. Anche se state insieme a vostro figlio per parecchie ore al giorno, non è necessario che siate il suo compagno di giochi fisso; nemmeno è obbligatorio garantirgli sempre un coetaneo per giocare. Se siete occupati, insegnategli a giocare da solo; ad un anno di vita un piccolo può giocare da solo anche per quindici/venti minuti di tempo;
–attendere: aspettare serve al bambino ad accettare meglio la frustrazione, ad imparare ad essere paziente. Il bambino gradualmente si abituerà a non avere immediata gratificazione per quello che fa, cosa che spesso succede nel mondo degli adulti. Non sentitevi in colpa se dovete far aspettare il bambino in certe occasioni; l’attesa non danneggia la crescita psicologica del bambino, anzi serve a rafforzarla. Per aiutare il bambino a tollerare la frustrazione abituatelo ogni tanto a cercare delle alternative rispetto alla cosa che vorrebbe: per esempio “non puoi mangiare la torta, però posso darti un frutto”; o ancora, ad aspettare il momento giusto: “non puoi mangiare la torta prima di pranzo, ma dopo pranzo sì”;
–rispettare le esigenze degli adulti: le necessità basilari del bambino, come l’amore, il cibo, la sicurezza, sono prioritarie, ma anche la vostra vita lo è ed è importante non solo la quantità di tempo che dedicate a vostro figlio, ma soprattutto la qualità, cioè il modo di interagire, confrontarsi e dialogare con lui. Cercate ogni giorno di concedergli questo tipo di tempo, evitate invece di stare la sera e tutta la domenica sempre con lui, rinunciando ai vostri spazi: ne andrà di mezzo il rapporto di coppia ed il vostro equilibrio mentale.
Educare significa sapere quindi dire “NO!” distinguiamo però quei “no” che aiutano a crescere da quelli che “tarpano le ali”, le punizioni severe ma giuste e quelle gratuite, le sfuriate commisurate al guaio commesso e quelle frutto di una giornata andata storta.